
Il frutto nasce dall’incontro tra seme e terreno.
La cosa sorprendente del frutto è che porta in sé il proprio seme nascosto, sempre aperto alla possibilità di dare ancora più frutti. E la semente porta in sé il suo futuro, anch’esso nascosto, inaudito, inconoscibile, sempre da dispiegare, disponibile.
Ma perché il seme diventi frutto ci vuole tempo, molto tempo, il tempo della maturazione…
Nelle Scritture il seme ha spesso a che vedere con la parola. Come se fossimo invitati a sederci nella Parola di Dio, come l’uomo seduto nel suo campo che guarda il suo albero crescere. Non vede nulla, ma che dorma o sia desto (Mc 4, 27), l’albero cresce.
Le radici stanno lavorando ma noi non ne sappiano niente!
Nascono semplicemente queste riflessioni in briciole, come un indugio esplorativo sul significato del portare frutto, un frutto buono, (cfr. Lc 6, 43-44) vagabondando nelle Scritture, insieme a quanti lo hanno già fatto, con quanti continueranno a farlo e con quanti, provocati a farlo, lo potranno iniziare.