Vi prego e vi supplico a non fare meraviglie

La seguente lettera, di una altissima finezza psicologica, è inviata da Paola al padre raccolto nel silenzio per gli esercizi spirituali. Conoscitrice dell’animo paterno, sa che in questo clima di viva fede e d’intensa preghiera le richieste più impegnative della sua vita potranno essere accolte positivamente. La determinazione di consacrarsi al Signore e di dimostrargli il suo amore attraverso l’assistenza alle ammalate, fa parte del carisma iniziale che va delineandosi nella sua vita e che ha bisogno di essere accolto e confermato anche dal padre e aiutato nel suo sviluppo. Stupiscono la determinazione e la chiarezza d’idee di Paola, il suo non curarsi delle chiacchiere del mondo considerandole con distacco, con la santa filosofia di chi sa di poter contare sull’aiuto sicuro di Dio.

 

 

Brescia, agosto 1839

Carissimo Papà,

   Vi prego e vi supplico a non fare meraviglia sulla cosa che sono per esporvi. Ben conosco che questi giorni sono da voi dedicati all’orazione, al raccoglimento, e al ritiro; e io non dovrei distrarvi. Ma non posso a meno di farvi consapevole di una cosa che a me appartiene, e assai interessante.

Mi si presenta un partito assai vantaggioso per collocarmi. Voi ben sapete quanto fossi aliena da simile idea; ma la vostra avvedutezza e lunga esperienza vi avranno fatto conoscere abbastanza l’indole del cuore umano, instabile cioè e incostante per aderire volentieri oggi a ciò che ieri aborriva. Per vostra tranquillità però sappiate che non ho fatto alcuna risoluzione senza prima consigliarmi col mio direttore.

Vi prego di nuovo a non fare le meraviglie. Ciò che poi mi lusinga del vostro facile assenso e che anzi mi assicura della gioia vivissima con cui il cuor vostro farà plauso alla mia determinazione è la circostanza che la persona aspirante è vostra amica da gran tempo e vi ama assai. Non parliamo per ora dell’età sua, perchè quando ne udirete il nome saprete anche questo.

Non vi prendete pena, perché forse il mondo vorrà parlare e ridersi di me; le meraviglie durano al più tre giorni, e la cristiana filosofia insegna a non fare calcolo delle dicerie di un mondo insano, balordo e sempre ingiusto nei suoi giudizi, quanto lo è nelle sue massime. Ritenete, caro Papà, che molte di quelle giovani che vorranno ridersi di me, nel fondo dell’animo invidieranno la mia sorte, e molto più quando rifletteranno che voi non me lo avete esibito, che io non l’ho cercato, ma che Egli stesso si è messo a cercarmi, mentre io non lo conosceva che di nome.

Quando nell’età di dicotto anni ricusai, se bene vi ricordate, la proposta che voi mi faceste, di un collocamento, il mio rifiuto d’allora fu certamente una disposizione del Cielo, che riserbavami a più cospicua fortuna.

Ma che diranno, che penseranno di te, Paolina, voi facilmente esclamerete in cuor vostro, come la sentiranno di questo tuo divisamento quelle tue compagne che finora si occuparono con te sulla fondazione della pia Società? Non dubitate, caro Papà, le mie compagne sono più savie e più giuste dei seguaci del secolo; desse non fanno le merviglie; anzi, quando farò loro conoscere che col frutto della dore, che il mio amoroso papà vorràassegnarmi, potrò meglio concorrere al sostentamento della pia opera, giacchè il mio futuro sposo sono sicuro che non mi cerca per la roba, credetemi, carò Papà, che si consoleranno e faranno plauso alla mia risoluzione.

Ma è tempo ormai che vi esponga il nome del caro oggetto che ebbe la bontà di chiedermi. Egli è Gesù di Nazareth, cui porgo le mie preghiere perché rapisca anche il vostro cuore, e lo collochi in mezzo al suo. Egli è Gesù; presso il quale desidero assai che mi teniate in decoro, come avete già fatto e come fareste con un altro genero nell’affidargli la vostra affezionatissima

Paola